verdi del trentino
  Marco Boato - attività politica e istituzionale
   

articoli dalla stampa
2016 - 2024

articoli dalla stampa
2011 - 2015

articoli dalla stampa
2006 - 2010

articoli dalla stampa
2000 - 2005

atti parlamentari
2006 - 2008

atti parlamentari
2000 - 2005

torna a precedente  

 HOMEPAGE

  I VERDI
  DEL TRENTINO

  
  CHI SIAMO

  STATUTO

  REGISTRO CONTRIBUTI

  ORGANI E CARICHE

  ASSEMBLEE
  CONFERENZE STAMPA
  RIUNIONI


 ELETTI VERDI

  PROVINCIA DI TRENTO

  COMUNITÀ DI VALLE

  COMUNE DI TRENTO

  ALTRI COMUNI


 ELEZIONI

  STORICO DAL 2001


 ARCHIVIO

  ARTICOLI

  DOSSIER

  CONVEGNI

  INIZIATIVE VERDI

  PROPOSTE VERDI

  BIBLIOTECA

  GALLERIA FOTO

  

 

Trento, 7 ottobre 2009
I VERDI AL BIVIO:
SCOMPARSA IN SINISTRA E LIBERTÀ O RILANCIO ECOLOGISTA?

di Marco Boato
per il quotidiano Terra

I Verdi italiani, dopo le sciagurate esperienze nella Sinistra Arcobaleno alle politiche del 2008 e in Sinistra e Libertà alle europee del giugno scorso, si trovano in una situazione al limite della sopravvivenza, al limite di un vero e proprio suicidio, perseguito con una determinazione e una tenacia, meglio una coazione a ripetere, degne davvero di miglior causa.

Questa crisi profonda viene da lontano, forse da molto più lontano di quanto ci si immagini nelle piccole polemiche quotidiane. Forse ormai questa riflessione più di lunga durata è destinata ad essere raccolta non tanto nel dibattito politico, quanto in una riflessione storica, che risalga alle origini del movimento verde in Italia, fin dai primi anni ’80.

Il primo convegno internazionale si tenne a Trento nel dicembre 1982 sotto il titolo «Un partito/movimento verde anche in Italia?» (promosso da Alexander Langer e da me, gli atti furono subito pubblicati nel volume «Conservare l’ambiente, cambiare la politica. La ‘questione verde'»).

A quel primo incontro parteciparono esponenti di tutto il mondo ambientalista, ancora nella sua fase iniziale dopo le esperienze anti-nucleari degli anni ’70, ma anche già allora rappresentanti dell’impegno per i diritti umani (Amnesty International), dell’esperienza radicale con Marco Pannella, dell’eco-pacifismo, di urbanistica democratica, insieme ad esponenti dei Grünen tedeschi e dei loro omologhi austriaci, formatisi solo qualche anno prima.

Una ricostruzione storiografica seria e rigorosa dovrà poi ripercorrere le tappe successive, dalla nascita delle prime Liste verdi e dell’Arcipelago verde al primo ingresso nei Consigli regionali nel 1985, dallo straordinario Convegno di Pescara «La Terra ci è data in prestito dai nostri figli» del settembre 1986 fino alla fondazione formale a Finale Ligure della Federazione delle Liste verdi alla fine dello stesso anno, dal primo ingresso nel Parlamento italiano nel 1987 e nel Parlamento europeo nel 1989 alla unificazione con i Verdi Arcobaleno all’inizio degli anni ’90, passando attraverso la vittoria nei referendum anti-nucleari del 1987 e, purtroppo, la sconfitta (solo per mancanza del quorum, non per mancanza di consensi) nei successivi referendum contro la caccia e i pesticidi in agricoltura.

La storia dei Verdi italiani dura ormai da oltre un quarto di secolo, eppure oggi – a fronte di una crescita straordinaria nei principali paesi europei – siamo di fronte al rischio reale di una loro scomparsa, di un loro suicidio programmato, dopo troppi anni in cui si sono fatti ricomprendere nell’ambito della estrema sinistra, della “sinistra radicale”, accomunati sistematicamente per anni nei mass media alle formazioni comuniste e neo-comuniste.

È stato un errore strategico fondamentale, non solo sul piano politico, ma anche su quello culturale. I Verdi sono nati proprio sulle ceneri delle ideologie totalizzanti degli anni ’70, sono nati mettendo in discussione le identità ideologiche di origine ottocentesca e del Novecento, sono nati all’insegna della trasversalità in rapporto all’intera società civile e all’insegna del rapporto con la politica e le istituzioni a partire non da una collocazione precostituita, ma dalla capacità di dare priorità alla questione ecologica, centralità alla questione ambientale, essenzialità al radicamento territoriale («agire localmente, pensare globalmente»), alla differenza di genere, alla responsabilità verso le generazioni future e verso tutte le specie animali e vegetali.

Ora invece siamo arrivati al capolinea: i Verdi, però, non la priorità ecologica. A meno che non si sappia tirare il freno di emergenza. È questa la posta in gioco: o scomparire di fatto dentro ad una delle tante riedizioni della stanca frammentazione e ricomposizione a sinistra, magari con la foglia di fico del tardivo utilizzo della parola ‘ecologia’, dopo averla dimenticata nelle catastrofiche elezioni europee (la co-presidente dei Verdi al Parlamento europeo che, da capolista, arriva quarta al traguardo e proclama che è stato un buon risultato!). Oppure, ritrovare nella sua pienezza la originaria ‘ragione sociale', ma anche culturale ed etica, dei Verdi e dell’ecologismo politico, prendendo atto delle radicali insufficienze e inadeguatezze attuali, dopo le disastrose esperienze degli ultimi anni.

E rilanciare quindi la centralità ecologista mettendo i Verdi al servizio di un progetto ecologista più ampio e ambizioso, fortemente federalista come alle origini, con una chiara identità culturale, ma aperta, laica e plurale, post-ideologica, con una autonomia politica non per rinchiudersi in se stessi, ma capace di dialogare con tutti (sinistra compresa, com’è ovvio, ma non solo e non prioritariamente), senza farsi riassorbire in nessun contenitore di sinistra all’insegna del “richiamo della foresta” o della “ricerca del tempo perduto”.

Si tratta di una prospettiva difficile e assai impegnativa, ma è l’unica che può consentire di uscire dalla crisi attuale e che può permettere di rimettere al centro la questione ecologica, nella fase storica in cui è in discussione la stessa sopravvivenza del pianeta Terra.

 

  Marco Boato

MARCO BOATO

BIOGRAFIA


  
© 2000 - 2024
EUROPA VERDE    
VERDI DEL TRENTINO

webdesigner:

m.gabriella pangrazzi
 
 

torna su